Legge-bavaglio, l'Anm: «Fa fuori la lotta alla mafia»
Con la riforma delle intercettazioni messa a punto dal governo sarà sempre più difficile indagare sulla mafia. A lanciare l'allarme è il segretario dell'Anm Giuseppe Cascini nel corso della sua audizione in commissione Giustizia della Camera sul ddl intercettazioni. «Formalmente le indagini sulla criminalità organizzata si possono fare - aggiunge Cascini (al centro nella foto)- ma poi nella pratica questo si rivelerebbe impossibile visto che con il provvedimento del governo diventeranno intercettabili solo reati con condanne superiori ai 10 anni». E questo significa che «l'indispensabile strumento delle intercettazioni» non potrà essere usato per tutta una serie di reati compiuti normalmente dai mafiosi come, ad esempio, la turbativa d'asta, l'estorsione ecc». In sostanza con il provvedimento del governo diventeranno intercettabili solo reati con condanne superiori ai 10 anni. E questo riduce notevolmente gli strumenti di indagine per i pm che conducono le inchieste. A meno che - prosegue Cascini - non si voglia sostenere che la mafia sia solo narcotraffico e omicidio.«Con questo ddl, poi - sottolinea ancora il segretario dell'Anm - sarà impossibile intercettare i detenuti mafiosi quando telefonano in carcere o durante i colloqui con i familiari».
La denuncia dell'Anm fa discutere. Secondo Daniele Capezzone del Pdl il Ddl in questione altro non è che «un giro di vite ormai indifferibile» contro quelle che definisce «fabbrichette di veleni».
L'Italia dei Valori la difende in blocco. Ma anche il Pd si schiera a difesa. «Le parole del segretario dell'Anm Cascini devono far riflettere tutti: non si possono indebolire strumenti investigativi così importanti nella lotta alle mafie», sostiene infatti Laura Garavini, capogruppo del Pd in commissione Antimafia. «È necessario rivedere le norme che riguardano la diffusione e la pubblicazione delle intercettazioni, piuttosto che il loro uso», fa notare la Garavini. È evidente a tutti – fa notare l'espondente del Pd - che la mafia in Italia si muove sia per gestire grandi traffici, che rientrerebbero nelle intercettazioni possibili, ma anche per attività altrettanto gravi, come l'estorsione, l'usura, la turbativa d'asta, reati per i quali non sarebbe più possibile attivare intercettazioni. «Su questo punto - conclude - bisognerà trovare dei correttivi che non incidano in maniera negativa su nessuna indagine: se un commerciante trova il coraggio per denunciare richieste di pizzo, non può trovarsi davanti uno Stato con risposte meno efficaci di quelle che ci sono adesso».
«La complessiva manovra in atto – sostiene da parte sua Federico Palomba, deputato IdV e vicepresidente della commissione Giustizia della Camera - va verso un progressivo svuotamento delle garanzie nelle indagini ed il controllo politico dell'azione indagatoria, oggi affidata al pm magistrato indipendente che offre le garanzia della giurisdizione: poteri autonomi alla polizia giudiziaria, dipendente dall'esecutivo, sulla notitia criminis e le conseguenti indagini; attrazione progressiva del pm nell'orbita dell'esecutivo, con il controllo politico sull'azione penale; spostamento verso le intercettazioni preventive, che lasciano il cittadino privo di garanzie, piuttosto che verso quelle processuali; infine, le limitazioni alle intercettazioni nel processo, direttamente incidenti, al di là delle declamazioni, anche sull'efficacia della lotta contro la criminalità organizzata, come ha rilevato giustamente il segretario dell'Anm Cascini».
Davanti alla commissione Giustizia ha parlato in mattinata anche il Garante per la privacy, Francesco Pizzetti che ha segnalato come l'attività giudiziaria debba far propria la cultura della protezione dei dati. E non solo quelli cartacei. Oggi servono, ha sottolineato il Garante, misure di sicurezza più avanzate, come «la tracciabilità elettronica di chi effettua le intercettazioni».
Obs:
http://www.unita.it/index.php?section=news&idNotizia=74080
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