DAL NOSTRO INVIATO Patrizia D'Addario
BARI — Patrizia D'Addario è candidata nelle liste di «La Puglia prima di tutto», schieramento inserito nel Popolo della Libertà alle ultime elezioni comunali a Bari. Ha partecipato alle prime settimane di campagna elettorale al fianco del ministro per i Rapporti con le Regioni Raffaele Fitto e degli altri politici in corsa per il Pdl. Ma adesso ha deciso di rinunciare perché vuole raccontare un'altra verità. La D'Addario ha cercato il Corriere e registriamo, con la massima cautela e il beneficio d'inventario, la sua versione, trattandosi di una candidata alle amministrative.
«Mi hanno messo in lista — afferma — perché ho partecipato a due feste a palazzo Grazioli. Ho le prove di quello che dico e voglio raccontare che cosa è successo prima che decidessi di tirarmi indietro. Il mio nome è ancora lì, ma io non ci sono più».
Cominciamo dall'inizio. Quando sarebbe andata a palazzo Grazioli?
«La prima volta è stato a metà dello scorso ottobre ».
Chi l'ha invitata?
«Un mio amico di Bari mi ha detto che voleva farmi parlare con una persona che conosceva, per partecipare a una cena che si sarebbe svolta a Roma. Io gli ho spiegato che per muovermi avrebbero dovuto pagarmi e ci siamo accordati per 2.000 euro. Allora mi ha presentato un certo Giampaolo».
Qual era la proposta?
«Avrei dovuto prendere un aereo per Roma e lì mi avrebbe aspettato un autista. Mi dissero subito che si trattava di una festa organizzata da Silvio Berlusconi ».
E lei non ha pensato a uno scherzo?
«Il mio amico è una persona di cui mi fido ciecamente. Ho capito che era vero quando mi hanno consegnato il biglietto dell'aereo».
Quindi è partita?
«Sì. Sono arrivata a Roma e sono andata in taxi in un albergo di via Margutta, come concordato. Un autista è venuto a prendermi e mi ha portato all'Hotel de Russie da Giampaolo. Con lui e altre due ragazze siamo entrati a palazzo Grazioli in una macchina con i vetri oscurati. Mi avevano detto che il mio nome era Alessia».
E poi?
«Siamo state portate in un grande salone e lì abbiamo trovato altre ragazze. Saranno state una ventina. Come antipasto c'erano pezzi di pizza e champagne. Dopo poco è arrivato Silvio Berlusconi».
Lei lo aveva mai incontrato prima?
«No, mai. Ha salutato tutte e poi si è fermato a parlare con me. Ho capito di averlo colpito perché mi ha chiesto che lavoro facessi e io gli ho parlato subito di un residence che voglio costruire su un terreno della mia famiglia. Ci ha mostrato i video del suo incontro con Bush, le foto delle sue ville, ha cantato e raccontato barzellette.
Lei è tornata subito a Bari?
«Era notte, quindi sono andata in albergo e Giampaolo mi ha detto che mi avrebbe dato soltanto mille euro perché non ero rimasta».
C'è qualcuno che può confermare questa storia?
«Io ho le prove».
Che vuole dire?
«Che quella non è stata l'unica volta. Sono tornata a palazzo Grazioli dopo un paio di settimane, esattamente la sera dell'elezione di Barack Obama».
Vuol dire che la notte delle presidenziali degli Stati Uniti lei era con Berlusconi?
«Sì. Nessuno potrà smentirmi. Ci sono i biglietti aerei. Anche quella volta sono stata in un albergo, il Valadier. Con me c'erano altre due ragazze. Una la conoscevo bene. È stato sempre Giampaolo a organizzare tutto».
E che cosa è accaduto?
«Con l'autista ci ha portato nella residenza del presidente, ma quella sera non c'erano altre ospiti. Abbiamo trovato un buffet di dolci e il solito pianista. Quando mi ha visto, Berlusconi si è ricordato subito del progetto edilizio che volevo realizzare. Poi mi ha chiesto di rimanere».
Si rende conto che lei sostiene di aver trascorso una notte a palazzo Grazioli?
«Ho le registrazioni dei due incontri».
E come fa a dimostrare che siano reali?
«Si sente la sua voce e poi c'erano molti testimoni, persone che non potranno negare di avermi vista ».
Scusi, ma lei va agli incontri con il registratore?
«In passato ho avuto problemi seri con un uomo e da allora quando vado a incontri importanti lo porto sempre con me».
E lei vuol far credere che non è stata controllata prima di entrare nella residenza romana del premier?
«È così, forse sono stata abile. Ma posso assicurare che è così».
E può anche provarlo?
«Berlusconi mi ha telefonato la sera stessa, appena sono arrivata a Bari. E qualche giorno dopo Giampaolo mi ha invitata a tornare. Ma io ho rifiutato».
A noi la sua versione sembra poco credibile...
«Lo dicono i fatti. Berlusconi mi aveva promesso che avrebbe mandato due persone di sua fiducia a Bari per sbloccare la mia pratica. Non ha mantenuto i patti ed è da quel momento che non sono più voluta andare a Roma, nonostante i ripetuti inviti da parte di Giampaolo. Loro sapevano che avevo le prove dei miei due precedenti viaggi».
E non si rende conto che questo è un ricatto?
«Lei dice? Io posso dire che qualche giorno dopo Giampaolo ha voluto il mio curriculum perché mi disse che volevano candidarmi alle Europee».
Però lei non era in quella lista?
«Quando sono cominciate le polemiche sulle veline, il segretario di Giampaolo mi ha chiamata per dirmi che non era più possibile».
Quindi la candidatura alle Comunali è stata un ripiego?
«A fine marzo mi ha cercato Tato Greco, il nipote di Matarrese che conosco da tanto tempo. Mi ha chiesto un incontro e mi ha proposto la lista 'La Puglia prima di tutto' di cui era capolista lo zio. Io ho accettato subito, ma pochi giorni dopo ho capito che forse avevo commesso un errore».
Perché?
«La mia casa è stata completamente svaligiata. Mi hanno portato via cd, computer, vestiti, biancheria intima. È stato un furto molto strano».
Addirittura? Ma ha presentato denuncia?
«Certamente. Ma ho continuato la campagna elettorale. È andato tutto bene fino al giorno in cui Berlusconi è arrivato a Bari per la presentazione dei candidati del Pdl. Io lo aspettavo all'ingresso dell'Hotel Palace. Lui mi ha guardata, mi ha stretto la mano ed è entrato nella sala piena. Io ero in lista, quindi l'ho seguito. Ma all'ingresso della sala sono stata bloccata dagli uomini della sicurezza e del partito che mi hanno impedito di partecipare all'evento».
È il motivo che adesso la spinge a raccontare questa storia?
«No, avrei potuto continuare a fare campagna elettorale e trattare con loro nell'ombra. La racconto perché ho capito che mi hanno ingannata. Avevo chiesto soltanto un aiuto per un progetto al quale tengo molto e invece mi hanno usata».
Corriere.it
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